Per Walter Davanzo .............. ai margini di un sogno.
Angelo Pauletti
A che può servire uno scritto veloce, in punta di penna, per un artista come Walter Davanzo che dell’evidenza fa una caratteristica? Forse a chiarire? No, piuttosto a suggerire un modo di accostare queste vitalissime, brulicanti superfici.
Pittura di un “anacronismo” più sentimentale che razionale e intellettuale che ci riporta d’impatto ad altri tempi, ad altre storie, ad altre temperie (nonostante il “nostro” sia un avvertito conoscitore della vicenda artistica e piuttosto denso sia il suo curriculum e quasi antico oramai il suo operare). Ma perché sviare con lunghe, noiose, accademiche elencazioni di parentele, generi, derivazioni?
Ma dicevano dell'”evidenza”: evidenza di un’ingenuità nei confronti dell’arte e del fare artistico che, come scriveva Adorno, “è un fermento dell’accecamento; chi ne manca del tutto è allora davvero ottuso, prigioniero di ciò che gli viene imposto”.
Un’ingenuità che a noi pare sempre più come necessaria ad una verità estetica tanto immediata quanto anch’essa evidente: l’arte contemporanea non può essere altro che una resistenza continua, costante all’alienazione quotidiana del pensiero slegato dalla sua radice fisica, corporea;
Ouale”poetica” dunque? Una poetica che non ha bisogno dell’ovvietà figurativa e polemicamente se ne discosta con volontà quasi iconoclasta.
Fuggire l’ovvio, scantonare, sospendere l’attimo, come in un caleidoscopio cui abbiano aggiunto un sottofondo musicale. Nulla di assordante però, magari dei violini in una piazza tzigana. E poi sostare ai margini di un sogno. Forse ….
Firenze, gennaio 1997